TRABOCCHI E TRABOCCANTI


L’ultimo distruttivo terremoto risale alla fine di luglio dell’anno 1627. Il terremoto e successivo maremoto hanno fatto precipitare e sprofondare nel mare gran parte delle colline che fronteggiano il litorale frentano.

La “frentania” è quel territorio compreso tra il fiume Pescara a nord e il fiume Fortore a sud. I segni del terremoto sono tuttora leggibili e sotto gli occhi di tutti, la devastazione fu totale: si interrò la scafa sul sangro, sprofondò il porto di Ortona, si interrò il porto di San Vito, scomparve il porto di “Vicus Veneris” (Fossacesia)… . Si inabissò il porto di Termoli. Tutto quanto costruito sulla costa scomparve per sempre.

Devastazione dei lidi, morte, desolazione. Seguirono pestilenze. Ed è in questo ambiente senza più presenze umane, nel corrotto Regno delle Due Sicilie assetato di denaro e di braccia, che si insediano profughi provenienti dalla Francia e dalla Germania, spinti dalla follia delle persecuzioni agli ebrei. In queste famigli vi erano abilissimi artigiani: fornaciai, metallurgisti, muratori, falegnami… conoscevano la metallurgia dei metalli nobili e i processi di fusione e di affinazione…
Gli artigiani della famiglia di cui ci occupiamo erano abili ed espertissimi “fabbri ferrai della forgiatura degli attrezzi”. Espertissimi addetti ai guadi dei fiumi chiamati “portaruoli” per gettare passerelle che le piene si portavano via di continuo e facilitare quindi il transito in tutte le stagioni.

Fra quanti arrivarono in territorio di San Vito Chietino vi erano quattro fratelli giunti dalla Francia con le famiglie. I discendenti che assunsero il cognome Verì con cordemente hanno sempre detto:” Siamo venuti dalla Francia naufraghi di un “vascello” spiaggiato da una mareggiata sulle scogliere di questo tratto di mare Adriatico; il nucleo familiare era composto da oltre sessanta persone”. Si insediarono in un’ambiente suggestivo e selvaggio che tutelava la piccola comunità. Contemporaneamente un altro nucleo familiare, proveniente dalla Germania, gli Heineken, oggi Annecchini, occupa un altro sito adiacente. Il territorio, ricco di vegetazione spontanea mediterranea, di grotte naturali e acque sorgive a pochissimi metri dal mare, è l’ideale per vivere indisturbati. Vi sono segni di antropizzazione e di vissuto marinaro della Serenissima Repubblica, vi è acqua in abbondanza, legname di prim’ordine e molte essenze precedentemente coltivate in funzione dell’uso al quale erano destinate nella città lagunare dominatrice dell’adriatico: cantieristica, costruzioni a terra e in mare e l’alimentazione di forni fusori. La grande scoperta: il mare è pescosissimo! Occorre trovare il sistema per sfruttare questa risorsa.

I Verì: rudi, di notevole stazza fisica, fortissimi, audaci, impavidi ma anche rissosi, irascibili, intolleranti, non sapevano navigare né nuotare ma erano geniali e abili pontieri e gettarono dei ponti per portarsi in avanti sul mare, ardite passerelle sull’acqua di scoglio in scoglio con impalcati nelle parti più avanzate in mare. Le prede erano abbondantissime e per catturarle forgiavano arpioni e fiocine. Divennero abili fiocinatori e arpionatori però la cattura era limitata ai periodi di mare calmo e acque limpide, quindi bisognava adoperare le reti per poter pescare anche in acque torbide e mare agitato. Coltivavano e lavoravano la canapa e il lino (si dice abbiano importato l’arancio e impiantato aranceti), lavoravano il ferro e il legno, avevano legnami a disposizione atti a sostenere carichi elevatissimi e soprattutto erano abili carpentieri e avevano forza lavoro a disposizione. L’impalcato in legno, iniziale, si arricchisce di altri elementi strutturali e per conferire maggiore robustezza e rigidità viene controventato con diagonali semplici o con croci di sant’Andrea. Di esperienze in esperienza, per tappe, nasce e si consolida una struttura atta a pescare. “IL TRABOCCO”.

Provano a portare fuori impalcato delle travi a cui appendere le reti, ma i materiali hanno scarsa resistenza agli agenti atmosferici. Le travi marciscono, le funi hanno poca tenuta, le reti devono essere sostituite frequentemente.

Le reti e i cordami vengono bolliti con corteccia di pino marittimo e con tutte le resine reperibili in natura. Col residuo della bollitura si impregnano le teste delle travi. Un evento muta gli equilibri: la costruzione della ferrovia (1863). Lungo il suo tracciato ci si muove agevolmente, nonostante i divieti, e arrivano importanti novità: nuovi materiali e nuove tecnologie.

La struttura del trabocco comincia a cambiare, diventa più leggera più ardita, i componenti più esili. La ferrovia porta anche piastre, bulloni, dadi, riparelle, chiavarde, materiale d’uso corrente per la manutenzione della linea ferrata, materiali rigidamente protetti dal codice militare di guerra, ma, può più una seppia che un moschetto. Intanto dall’australia è arrivata la robinia. Siamo ad oggi, i trabocchi, ormai, sono solo arredo d’ambiente.

Pietro Cupido